Nuova missione di 4 giorni del nostro presidente in “zona di guerra”.
Per trasmettere il senso che si prova riportiamo alcuni spezzoni del suo diario di bordo…
“siamo partiti per andare a fare il giro delle famiglie che vivono nei garage e, quelle più fortunate, che hanno almeno una stanza. La situazione è purtroppo quella vista lo scorso viaggio. Le famiglie vivono di espedienti e di aiuti, qui, in una situazione gia satura continuano ad arrivare persone che,avendo la fortuna di avere i documenti ancora con se, riescono ad attraversare il confine. Gli altri restano nel limbo,i campi oltre confine, non potendo venire in Turchia nè tornare nelle loro città che ancora sono bombardate“
“Donare non significa solo portare cose materiali, ma, come ci hanno più volte detto i terremotati, far sentire che qualcuno li pensa ancora, che le luci insomma non si sono spente. Questi padri, queste madri, per chi ancora le ha, ci accolgono poggiando la mano sul cuore e per loro sapere che c’è chi fa il lungo viaggio per venirli ad aiutare,per stringere le loro mani, li fa sentire meno soli.”
“Credi di aver visto tutto, di aver toccato con mano quanto la guerra che si combatte a pochi km da qui, possa far male a questo popolo. Ma non è così, altri pacchi ed altri sacchetti di indumenti e si va alle casette, poche mura e molti teloni coperti solo da tetti di lamiera, ancora tuffi al cuore ed ancora sorrisi e salti di gioia per un piccolo dono. Poi ancora in strada e si va in un nuovo campo vicino al confine turco siriano, due container e tende arrampicate sulla collina. Gli ultimi arrivati… e ti scoppia il cuore“